Il colesterolo è stato demonizzato a partire dai primi anni ’50 del secolo scorso soprattutto in seguito alle ricerche (errate nelle loro conclusioni) di Ancel Keys, biologo e fisiologo statunitense.

Il risultato è che oggi le persone spendono miliardi in medicinali per ridurre il colesterolo convinti che sia necessario tenerlo basso per non rischiare malattie cardiovascolari e infarti.


Per saperne di più sul Dr. Keys e sul vero ruolo dei grassi sani nell’alimentazione leggi anche Grassi sani: tutti i segreti svelati [Guida definitiva]


La realtà: il colesterolo è essenziale per vivere in salute

Oggi sono per fortuna sempre di più i ricercatori, i medici e le organizzazioni che lavorano per sradicare questo falso mito e aiutare le persone a comprendere che il colesterolo è un amico da preservare piuttosto che un nemico da combattere.

Per capire quanto è importante questa sostanza può essere d’aiuto vedere cosa accade, ad esempio in un bambino, quando il suo organismo non produce, o non riceve, abbastanza colesterolo.

Tra le conseguenze ci sono:

  • autismo/ritardo mentale
  • ritardo nella crescita
  • problemi alla vista
  • maggiore vulnerabilità alle infezioni
  • difetti fisici in mani/piedi o organi interni
  • problemi digestivi

Il colesterolo è essenziale per la funzionalità cellulare

Osservare cosa avviene in un bambino ci aiuta a comprendere che la carenza di colesterolo ha un forte impatto su ogni aspetto della nostra salute sia fisica che mentale.

Una delle ragioni principali è che il colesterolo svolge una funzione critica all’interno delle membrane cellulari.

Nel nostro corpo ci sono miliardi di cellule che devono interagire l’una con l’altra e il colesterolo è una delle molecole che permette alle nostre cellule di comunicare tra loro.

Ad esempio, il colesterolo è il precursore degli acidi biliari e se non ce n’è a sufficienza il sistema digestivo va in tilt.

Il colesterolo gioca anche un ruolo fondamentale nel cervello che in buona parte è costituito proorio di questa sostanza: il colesterolo interviene nella formazione delle sinapsi (le connessioni tra i neuroni) che ci consentono di pensare, imparare cose nuove e creare ricordi.

Infatti ci sono motivi di ritenere che i medicinali per abbassare i livelli di colesterolo siano tra le concause della malattia di Alzheimer.

Inoltre bassi livelli di colesterolo sono anche stati collegati a comportamenti violenti a causa dei cambiamenti che avvengono nella chimica del cervello.

Cosa accade se il colesterolo è troppo basso?

In breve: un sacco di brutte cose.

Ogni singola cellula del nostro corpo, cervello compreso, ha bisogno di colesterolo per vivere e prosperare.

Ed è questo uno dei motivi per cui la mancanza di colesterolo ha un effetto devastante sul cervello.

Un ampio studio condotto da ricercatori olandesi [leggi qui lo studio] ha evidenziato che uomini con bassi livelli cronici di colesterolo sono a maggiori rischio di ammalarsi di depressione.

Questo probabilmente accade perché il colesterolo influenza il metabolismo della serotonina (il cosiddetto ormone del piacere o della felicità) che è coinvolto nella regolazione dell’umore.

In un altro studio dei ricercatori canadesi [leggi qui lo studio] hanno scoperto che con livelli di colesterolo estremamente bassi aumenta considerevolmente il rischio di commettere suicidio.

Dozzine di studi confermano il legame tra bassi livelli di colesterolo e comportamenti violenti sempre in relazione alla serotonina la cui funzionalità diminuisce provocando l’aumento di violenza ed aggressività.

In una meta analisi che coinvolge i dati raccolti su 41.000 pazienti, è risultato che coloro che assumono statine hanno un rischio più elevato di ammalarsi di cancro mentre altri studi hanno messo in relazione il colesterolo basso e la malattia di Parkinson.

Quando il colesterolo è troppo basso?

Qualsiasi valore al di sotto di 150 è già troppo basso, l’ottimale sarebbe al di sopra dei 200 il che naturalmente è in contrasto con quanto affermato dalle “linee guida” ufficiali dietro alle quali ci sono interessi economici troppo vasti per poter essere ignorati.


Leggi anche l’articolo Colesterolo e malattie cardiovascolari: una “verità” tutta da rivedere


Come valutare (davvero) lo stato di salute del tuo cuore

Negli USA le malattie cardiovascolari sono tra le principali cause di morte e, negli ultimi anni, anche l’Italia si è allineata a questa tendenza.

Considerando l’uso sempre più ampio delle statine e l’ossessione diffusa delle persone di tenere il colesterolo basso con ogni mezzo possibile, le malattie cardiache dovrebbero essere ormai un ricordo invece accade esattamente il contrario.

Questo dovrebbe quanto meno spingere a farsi delle domande sulla validità del dogma “colesterolo alto = malattie del cuore” e sul fatto che le statine siano la soluzione del problema.

Fino ad oggi ci hanno sempre detto che il valore totale del colesterolo è un indicatore sufficiente per capire se il cuore è in salute.

In realtà si tratta di un dato che non dice praticamente nulla al riguardo.

Per capire veramente se il cuore e il sistema cardiovascolare sono in buona salute dobbiamo andare più a fondo facendo almeno questi 7 esami:

1. Rapporto HDL/ colesterolo totale

La percentuale di HDL (il cosiddetto colesterolo buono) è un fattore di rischio importante.

Dividi il valore dell’HDL per quello del colesterolo totale, la percentuale dovrebbe idealmente superare il 24%

2. Rapporto trigliceridi/HDL

I trigliceridi sono la principale componente del tessuto adiposo e servono sia come fonte di energia di riserva sia come isolante termico che ci protegge dalle basse temperature.

Anche il fegato è in grado di sintetizzare i trigliceridi partendo da altri nutrienti come le proteine e il glucosio.

Questo spiega perché una dieta troppo ricca di zuccheri e carboidrati causa un innalzamento dei livelli di trigliceridi nel sangue, quella che in termine medico viende definita ipertrigliceridemia.

Il livello dei trigliceridi si calcola come nel caso precedente, il rapporto dovrebbe essere meno di 2.

3. Livelli di insulina a digiuno

Le malattie cardiovascolari hanno tra le cause principali l’insulinoresistenza che è causata principalmente da una dieta troppo ricca di zuccheri e carboidrati raffinati.

Gli zuccheri (non il colesterolo e i grassi saturi) sono la causa principale.

Ad esempio test clinici hanno dimostrato che il fruttosio e lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio possono aumentare notevolmente il rischio di malattie cardiache in meno di due settimane di consumo quotidiano.


Sugli effetti del fruttosio leggi anche l’articolo Fruttosio: il vero volto dell’alternativa “sana” allo zucchero


Qualsiasi pasto ricco di zuccheri e carboidrati come zucchero, fruttosio e farinacei genera un aumento del picco glicemico con conseguente rilascio di insulina da parte del pancreas.

L’insulina ha il compito di ripulire il sangue dallo zucchero in eccesso e trasportarlo nelle cellule dove viene immagazzinato sotto forma di grasso.

L’insulina rilasciata nel sangue quindi promuove l’accumulo di grasso e rende più difficile smaltire quello già accumulato.

Il grasso in eccesso, soprattutto quello viscerale, è una delle maggiori cause di malattie del cuore.

4. Livelli dello zucchero nel sangue a digiuno

Le ricerche hanno evidenziato che, se i livelli di zucchero nel sangue a digiuno, superano i 100-129 mg/dl, il rischio di malattie cardiovascolari aumenta del 300% rispetto a livelli inferiori a 79 mg/dl.

5. Livelli del ferro

Un livello elevato di ferro nel sangue può essere un potente fattore di stress ossidativo perché può danneggiare i vasi sanguigni e causare malattie cardiache.

Idealmente i valori della ferritina non dovrebbero superare gli 80 ng/ml.

Il modo più semplice per diminuire i livelli di ferro troppo elevati è donare il sangue.

Se questo non fosse possibile si può valutare con il proprio medico una possibile terapia alternativa per eliminare l’eccesso di ferro come la flebotomia terapeutica (che altro non è che il buon vecchio salasso dei tempi antichi).

Nelle donne in età fertile in genere i livelli del ferro sono tenuti naturalmente sotto controllo dal ciclo mestruale (che anzi potrebbe causare anemia se il ferro perso con il ciclo non viene reintegrato con l’alimentazione) ma questo cambia al momento dell’arrivo della menopausa.

In questa fase infatti le donne sono più soggette al rischio di accumulare elevati livelli di ferro che vanno quindi monitorati periodicamente in modo da intervenire in caso di necessità.

6. Livello dell’omocisteina

L’omocisteina è una sostanza chimica, che viene prodotta dal corpo durante la metilazione, il processo del metabolismo della metionina, un processo che è implicato anche nella conversione dei nutrienti attraverso le interazioni enzimatiche.

È un prodotto di scarto che normalmente viene trasformato in una sostanza innocua utile all’organismo.

Tutti abbiamo omocisteina nel sangue, ma il problema sorge quando non viene metabolizzata nel modo adeguato e si accumula all’interno dell’organismo creando il fenomeno dell’iperomocisteinemia.

Si creano così dei sottoprodotti di scarto che portano ad un aumento dell’infiammazione e dello stress ossidativo e causano squilibrio nel sistema cardiovascolare, neurologico ed endocrino.

Per conoscerne il valore è sufficiente far inserire questo esame del sangue tra quelli richiesti dal proprio medico.

7. La circonferenza del punto vita

Come accennato in precedenza il grasso viscerale, cioè posizionato a livello dell’addome che circonda e comprime gli organi interni, è un fattore di rischio ben riconosciuto per il cuore.

Per questo esame non ti serve il medico ma solo un centimetro da sarto o comunque un centimentro a nastro non elastico.

La misurazione deve essere fatta in corrispondenza del punto vita quindi poco sopra l’ombelico e va fatta senza vestiti indosso.

Indicativamente le misure di riferimento sono le seguenti:

  • fino a 80 cm per gli uomini e 70 per le donne è rischio molto basso
  • fino a 99 cm per gli uomini e 89 per le donne si considera rischio moderato
  • fino a 120 per gli uomini e 109 per le donne, rischio elevato
  • oltre i 120 per gli uomini e 110 per le donne è considerato rischio molto elevato

Questi valori non sono validi per i bambini, per le persone di bassa statura (al di sotto del metro e mezzo) e non sono applicabili ai culturisti che sviluppano una gran massa muscolare che può falsare i risultati e quindi la misurazione deve essere fatta in associazione con altri fattori.

Si tratta di un esame semplice, economico e, per quanto empirico, considerato molto attendibile quindi è buona norma mantenere sotto controllo la cinconferenza del punto vita che sulla nostra salute può dirci molto di più della bilancia.

Conclusione

Il colesterolo sta finalmente vivendo un lento e faticoso processo di riabilitazione.

Finché però le linee guida ufficiali su questo argomento non cambieranno, saremo noi a doverci assumere la responsabilità di andare oltre e non fermarci alle indicazioni mediche standard.

Se ci sono dei dubbi sullo stato di salute del proprio cuore è bene rendersi conto che affidarsi solo alla generica misurazione dei livelli del colesterolo dice ben poco sull’argomento e che bisogna andare più a fondo facendo degli esami specifici:

  • rapporto HDL/colesterolo totale
  • rapporto trigliceridi/HDL
  • livelli di insulina a digiuno
  • livelli dello zucchero nel sangue a digiuno
  • livelli dei ferro
  • valore dell’omocisteina
  • misurare la circonferenza del punto vita

Inoltre non bisogna mai dimenticare o sottovalutare il ruolo fondamentale che l’alimentazione ha sulla salute di tutto il nostro organismo.

Le malattie del cuore (e non solo) prima di tutto si prevengono a tavola con le scelte alimentari che facciamo ogni giorno.

Se ti interessa saperne di più sull‘alimentazione come forma di prevenzione vai alla pagine di presentazione dell’Online Program.


Fonti:

Why Cholesterol is Essential for Optimal Health, and the Six Most Important Risk Factors of Heart Disease

The Cholesterol Myth That Is Harming Your Health

Higher prevalence of depressive symptoms in middle-aged men with low serum cholesterol levels.

Serum lipid levels and suicidality: a meta-analysis of 65 epidemiological studies


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