In un precedente articolo abbiamo visto che cos’è la permeabilità intestinale e quali sono i suoi possibili sintomi.

In questo secondo articolo dedicato a questo importante argomento cerchiamo di capire quali sono i cibi presenti nell’alimentazione quotidiana moderna che sono tra le cause di questa sindrome e anche quali comportamenti e abitudini possono contribuire all’insorgere o all’aggravarsi del problema.

I principali colpevoli della permeabilità intestinale

Le cause più importanti della permeabilità intestinale sono essenzialmente quattro:

  • Una dieta squilibrata e povera di nutrienti
  • Stress cronico
  • Sovraccarico di tossine
  • Squilibrio e impoverimento del microbiota intestinale

Gli elementi più comuni, presenti nei cibi di uso quotidiano, che danneggiano la parete dell’intestino sono le proteine dei cereali, gli zuccheri, i cibi processati e  i vegetali OGM,  il latte pastorizzato e suoi derivati.

Perché cereali, glutine e zuccheri ci fanno male?

Il problema con i cereali è che contengono grandi quantità di antinutrienti (si definiscono in questo modo quegli elementi che bloccano l’assunzione da parte dell’organismo di altre sostanze nutritive) che sono i fitati, le lectine e il glutine.

I fitati

I fitati, ai quali ci si riferisce anche con la definizione di acido fitico, ostacolano l’assorbimento di alcuni importanti minerali (calcio, ferro, magnesio e zinco)  e si trovano largamente presenti oltre che nei cereali anche nei legumi e nei semi oleosi (mandorle, nocciole, noci, ecc).

Sono concentrati nei semi e nelle parti fibrose e, per quanto riguarda i semi oleosi, nella sottile pellicina che ricopre direttamente il seme, per questo motivo sono abbondanti soprattutto negli alimenti integrali mentre sono praticamente assenti in quelli raffinati.

La crusca, ad esempio, è ricchissima di fitati e per questo motivo i nutrizionisti oggigiorno ne sconsigliano l’uso come integratore di fibre.

La pratica, che consigliamo nel SAUTÓN Approach, di mettere in ammollo per alcune ore semi oleosi, cereali integrali e legumi in acqua e limone o aceto aiuta a ridurre il quantitativo di acido fitico presente nell’alimento anche se non lo elimina completamente.

Si tratta di un’usanza antica che viene citata anche negli antichi testi ayurvedici (in epoca in cui il microscopio era ancora ben lontano dall’essere inventato).

Le lectine

Le lectine sono delle proteine presenti oltre che in cereali e legumi anche in molte altre categorie di cibi tra cui i latticini, i frutti di mare e gli ortaggi della famiglia delle solanacee (pomodoro, patata, melanzana e peperone).

Le lectine sono parte del sistema difensivo che le piante hanno sviluppato per proteggere i propri semi dai predatori (uccelli, roditori, muffe, parassiti e naturalmente anche l’uomo).

Dato che i legumi e i chicchi dei cereali sono essenzialmente la “prole” della pianta, questa ha sviluppato un meccanismo di difesa per evitare di essere mangiata e assicurarsi il massimo delle probabilità di sopravvivenza.

Un’ottima notizia per la pianta che però è una pessima notizia per noi.

Le lectine infatti tendono ad attaccarsi alle pareti dell’intestino e con l’andare del tempo le danneggiano e causano infiammazione.

Proprio perché le lectine si trovano in molte categorie di alimenti il nostro organismo ha sviluppato la capacità di digerirle senza riportare danni purché se ne consumino in quantità ridotte.

Il problema si presenta quando si assumono alimenti che contengono un’alta concentrazione di lectine, come appunto i cereali, e molto di frequente come purtroppo accade da decenni in particolare nell’alimentazione occidentale moderna.

Il glutine

Il glutine è un composto proteico che si origina dall’unione di due proteine la prolammina (o gliadina nel caso del frumento)  e la glutenina ed è presente principalmente nei cereali in primis grano e frumento ma anche farro, orzo, segale, kamut e avena.

Il seitan, che tanto di frequente entra nelle diete vegetariane e vegane è particolarmente dannoso, poiché che si tratta in sostanza di un impasto proteico che ha come base proprio il glutine.

Il glutine (dal latino “gluten” cioè colla) è quella parte del cereale grazie alla quale è possibile trasformare la farina in un impasto compatto, farla lievitare e ricavarne poi svariati prodotti da forno che tutti ben conosciamo.

Anche nel caso del glutine l’organismo umano ha sviluppato nel tempo la capacità di digerirne senza danni piccole quantità, il problema però è che il grano e il frumento moderni (ricavati dai grani antichi con alterazioni genetiche e tecniche di ibridazione che hanno modificato profondamente le strutture originarie delle piante) contengono quantità di glutine di molte volte superiore rispetto al cereale così come è stato progettato dalla natura.

Queste tecniche di manipolazione genetica e di ibridazione sono nate e si sono sviluppate con l’intento dichiarato di creare dei cereali che fossero più resistenti, più produttivi e si adattassero sempre meglio alle necessità di industrializzazione degli alimenti.

Le conseguenze sulla salute umana che ai tempi, per svariati motivi (interessi economici, sottovalutazione del problema e forse anche un certo livello di presunzione), non sono state prese in considerazione si stanno ora facendo sempre più presenti e pressanti.

È importante comprendere che il glutine non è dannoso solo per i celiaci o quelle persone che hanno verso di esso una particolare sensibilità.

Si tratta infatti di una sostanza che, oltre ad essere indigesta, agisce direttamente sulla mucosa intestinale favorendo la produzione di zonulina (ne abbiamo parlato anche nell’articolo introduttivo alla permeabilità intestinale) una proteina che modula la permeabilità delle giunzioni intestinali.

Quando la zonulina è in eccesso le giunture delle pareti intestinali cominciano ad allentarsi con tutte le conseguenze che abbiamo già visto nell’articolo precedente.

Questo accade indiscriminatamente all’intestino di tutti  non solo a coloro che sono particolarmente sensibili o ai celiaci.

Ecco perché un consumo moderato e non quotidiano di prodotti ottenuti con farine da grani antichi o piuttosto con farine da cereali che naturalmente non contengono glutine è altamente preferibile e consigliabile.

Gli zuccheri

Gli zuccheri di qualunque tipo compresi quelli considerati più salutari come lo zucchero di canna, lo zucchero integrale, gli zuccheri della frutta ecc., oltre a stimolare il picco glicemico e quindi la produzione di insulina e di conseguenza a promuovere la comparsa di uno stato infiammatorio generale, sono il cibo preferito di parassiti, lieviti e vermi intestinali che, trovando grande disponibilità di zuccheri, proliferano a dismisura a scapito del microbiota intestinale sano, lasciano quindi l’intestino privo di batteri buoni e con il tempo danneggiano in maniera molto pesante le pareti intestinali.

Cibi processati e OGM

I cibi processati e gli OGM, in altre parole tutti quei cibi troppo lavorati e che hanno subito trasformazioni e trattamenti come tutti i cibi pronti, i cibi precotti, i prodotti surgelati che nella stragrande maggioranza dei casi contengono alte quantità di grassi di cattiva qualità, sale, zuccheri, aromi artificiali, esaltatori di sapidità e conservanti oltre che consistenti tracce di glutine e di allergeni come arachidi, soia, crostacei, ecc.

Anche i cibi OGM, in particolare i vegetali, possono costituire un grosso problema per la salute sul medio e lungo termine quindi meglio evitare il più possibile questo tipo di alimenti.

Quando si acquistano cibi pronti in negozi o supermercati biologici non dare mai per scontato che siano necessariamente più sani dei loro corrispondenti da supermercato normale; si tratta sempre e comunque di cibi conservati e che sono stati in un modo o nell’altro lavorati, se proprio non si può fare a meno di acquistarli cercare almeno di evitare l’uso frequente e controllare sempre l’etichetta: in presenza di ingredienti sospetti e potenzialmente dannosi meglio lasciarli sullo scaffale.

Ne guadagneranno sia la salute che il portafoglio.

Anche i latticini fanno (purtroppo) la loro parte

Nel caso dei latticini un aspetto del problema è legato al latte pastorizzato e ai suoi derivati in quanto il processo di pastorizzazione distrugge gli enzimi vitali che sono naturalmente presenti nel latte e hanno lo scopo di renderne possibile la digestione da parte dell’organismo.

Il latte integro contrariamente a quanto spesso si crede è un alimento pesante da digerire perché, essendo destinato al cucciolo nella sua fase di crescita, è molto ricco e nutriente.

Il latte infatti, oltre ad una certa percentuale di acqua, contiene in primis un’alta quantità di grassi poi zuccheri, proteine, enzimi, ormoni, vitamine e molte altre sostanze necessarie alla crescita del piccolo.

Si tratta quindi di un alimento che per essere digerito efficacemente dal cucciolo deve contenere gli enzimi digestivi che la natura ha progettato proprio a tale scopo cioè quegli stessi enzimi che vengono invece distrutti dal processo di pastorizzazione al quale viene sottoposto il latte che si trova comunemente in commercio.

Inoltre non bisogna sottovalutare gli aspetti legati all’enzima lattasi e al consumo di latte di una specie animale diversa.

Nei primi mesi della vita extrauterina l’organismo dei mammiferi produce naturalmente l’enzima lattasi che ha proprio lo scopo di aiutare l’organismo del piccolo a digerire il latte materno.

Il corpo sarebbe progettato per ridurre e poi smettere naturalmente di produrre questo enzima con l’avvicinarsi del momento dello svezzamento dato che, finita la prima fase della crescita, il latte materno non è più necessario e il cucciolo viene introdotto gradualmente ad altri cibi specifici alla sua specie animale di appartenenza.

Noi esseri umani siamo l’unica specie animale che consuma latte e derivati (oltretutto provenienti da una specie animale diversa) anche in età adulta costringendo il nostro organismo a continuare a produrre l’enzima lattasi ben oltre il periodo in cui è naturalmente progettato per farlo.

Questo enzima nei mammiferi si trova localizzato, non a caso, presso le pareti dell’intestino tenue e la sua riduzione o mancanza è direttamente legata all’intolleranza al lattosio cioè alla ridotta capacità di assorbimento e digestione di questo zucchero del latte.

Il fatto è che la lattasi da un certo punto in poi non è previsto che sia presente nell’organismo in quanto un mammifero adulto (con buona pace degli adoratori di gorgonzola, taleggio e formaggi francesi) non ha naturalmente necessità di consumare questa categoria di alimenti per vivere.

Il tipo di caseina conta

I composti proteici contenuti nel latte sono suddivisi in beta-caseine di tipo A1 e beta-caseine di tipo A2.

Le beta-caseine di tipo A2 sono quelle che gli animali producevano naturalmente prima che iniziasse l’attività di domesticazione da parte dell’uomo.

Le caseine di tipo A1 sono considerate caseine di nuova generazione che, forse a causa di modificazioni genetiche avvenute negli animali come conseguenza dell’attività di allevamento da parte dell’uomo, hanno subìto delle alterazioni nella struttura originaria delle proteine.

Le caseine di tipo A2 sono più facilmente digeribili dall’organismo umano e questo è probabilmente riconducibile al fatto che gli umani si sono evoluti con la capacità di produrre gli enzimi adatti a digerire il latte di tipo A2 mentre non siamo in grado di metabolizzare altrettanto bene le beta-caseine A1 in quanto queste ultime sono comparse nella catena alimentare in tempi molto più recenti.

Per approfondire meglio questo argomento ti consiglio di leggere l’articolo dedicato alla caseina.

Per non dire addio al gorgonzola…e a tutti gli altri

Latte e derivati, insieme a tutte le altre categorie di alimenti viste in precedenza, sono da eliminare, in caso sia confermata la presenza di permeabilità intestinale, fino ad avvenuta guarigione.

La buona notizia è che l’intestino ha altissime capacità di rigenerazione quindi, se si segue la dieta appropriata con il supporto dei giusti rimedi naturali, è possibile guarire anche in tempi relativamente brevi.

Questo non significa che passato il periodo critico ci si può ributtare a capofitto nel consumo smodato e scriteriato dei cibi che avevamo eliminato.

Nel caso di latte e derivati un possibile compromesso, per non dover rinunciare completamente al loro consumo, può essere quello di:

  • Ridurre quantità e frequenza (una o due volte a settimana al massimo)
  • Consumare prevalentemente formaggi senza lattosio e da latte crudo (ad esempio il Parmigiano con stagionatura dai 36 mesi in su)
  • Privilegiare il consumo di latte e derivati da animali che producono naturalmente caseina di tipo A2 cioè, alle nostre latitudini, capra e pecora
  • Se proprio non se ne può fare a meno, consumare prodotti caseari convenzionali solo occasionalmente e in quantità moderate.

Altri fattori che causano la permeabilità intestinale

  • Stress cronico
  • Tossine
  • Disbiosi intestinale

Stress cronico

Indebolisce il sistema immunitario compromettendo la sua capacità di combattere batteri nocivi, parassiti, virus, e altri organismi che causano infiammazione e portano alla permeabilità intestinale.

Per ridurre lo stress è importante lavorare sulla propria routine quotidiana cercando, il più possibile, di rispettare i tempi dell’organismo (a questo proposito ti consiglio la lettura dell’articolo sull’Orologio degli Organi secondo la Medicina Tradizionale Cinese), cenare presto e leggero, non andare a dormire tardi, inserire attività ricreative e rilassanti nella propria giornata e curare anche la qualità delle proprie relazioni sociali.

Tossine

Ogni giorno veniamo in contatto con una miriade di sostanze tossiche che ci aggrediscono continuamente sia fuori casa che dentro le mura domestiche.

Tra gli aggressori più dannosi troviamo sostanze chimiche di vario tipo come detersivi, detergenti, solventi e vernici, cosmetici, pesticidi, farmaci (in particolare antibiotici, farmaci anti-steroidei, aspirina, ecc.), acqua del rubinetto (dannosa a causa della presenza di cloro e fluoro).

Meglio sostituire l’acqua del rubinetto con una buona acqua minerale o installare un depuratore, limitare il più possibile l’uso di farmaci e l’esposizione ad altri prodotti tossici e utilizzare rimedi fitoterapici naturali per ridurre l’infiammazione dell’organismo.

Disbiosi intestinale

Una delle maggiori cause di permeabilità intestinale è la disbiosi intestinale cioè una condizione per cui all’interno dell’intestino c’è un equilibrio alterato tra batteri buoni e batteri nocivi (ovviamente a favore di questi ultimi).

Ci sono persone che soffrono di disbiosi sin dalla nascita ad esempio in caso siano nate con un parto cesareo (il passaggio del bimbo attraverso il canale vaginale durante il parto è fondamentale in quanto in questo modo la madre passa al piccolo i primi batteri buoni che inizieranno successivamente a colonizzare l’intestino del neonato), oppure in caso la madre avesse lei stessa una condizione di  microbiota alterato o comunque non sano al momento del parto.

In tutti gli altri casi le cause più comuni sono, come abbiamo visto in precedenza, l’esposizione a diversi tipi di tossine e la carenza nella dieta di cibi ricchi di probiotici.

Cosa accade al cervello quando l’intestino perde

Le sostanze che abbiamo elencato in precedenza al momento in cui oltrepassano la barriera intestinale ed entrano nel flusso sanguigno possono arrivare al cervello ed agire su di esso come fossero degli oppiacei.

Un tipico esempio di questo effetto è dato dagli sbalzi umorali di bambini ed adulti affetti da autismo; in questi casi una dieta priva di glutine e latticini si è dimostrata efficace nel ridurre significativamente queste manifestazioni.

Questa è anche la ragione per cui la sindrome da permeabilità intestinale è stata collegata anche ad altro disordini psicologici come ansietà, depressione e sindrome bipolare.

Ecco perché in molti di questi casi guarire l’intestino significa guarire anche il cervello.

Uno studio effettuato nel 2017 illustra molto bene questa correlazione.

Un gruppo  di ricercatori ha esaminato 44 persone affette da sindrome dell’intestino irritabile che manifestavano stati di ansia e depressione in forme da lievi a medio intense.

A metà di questo gruppo sono stati dati dei probiotici (nel caso specifico si trattava del Bifidobacterium longum NCC3001), mentre l’altra metà ha assunto solo un placebo.

Rispetto al gruppo che aveva assunto il placebo, più della metà dell’altro gruppo di pazienti ha sperimentato a livello psicologico un significativo miglioramento.

In un prossimo articolo vedremo in dettaglio quali sono i passi da fare per guarire l’intestino, la dieta da adottare e i rimedi naturali che si possono assumere per supportare il processo di guarigione.


Leggi anche: Sindrome da permeabilità intestinale: che cos’è, sintomi, diagnosticarla

Fonti