Viviamo più a lungo rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto ma la qualità della vita è notevolmente peggiorata, soprattutto nell’ultima fase.
A tutti noi ormai è capitato di osservare in modo diretto o indiretto, cosa vuol dire vivere accanto ad una persona cara affetta da declino cognitivo.
In questo articolo esamineremo in modo particolare lo stretto legame che sta emergendo tra alti livelli di insulina, il diabete e l’Alzheimer, vere e proprie epidemie che stanno dilagando ad un ritmo vertiginoso.
Si calcola che nel 2050 le persone nel mondo che riceveranno una diagnosi di Alzheimer saranno 115 milioni, il 320% in più rispetto ai dati del 2010.
Come fermare quello che sembra un inevitabile ed inarrestabile declino delle nostre funzioni intellettive?
Dovremo davvero rassegnarci a convivere con la prospettiva che potremmo concludere la nostra vita dipendendo totalmente dai nostri cari, diventando un peso spesso per loro?
Prospettiva che diventa più reale, dal momento che ad oggi per la demenza e l’Alzheimer, non ci sono cure o trattamenti così efficaci da bloccare l’avanzare della malattia, nonostante i miliardi investiti nella ricerca.
Come proteggere allora la salute del cervello?
La buona notizia è che, studi alla mano, questo triste fenomeno non è irreversibile.
Se segui uno stile di vita corretto e ti concedi fin da subito la possibilità di cambiare le tue abitudini a tavola, hai la possibilità di fermare o rallentare il declino cognitivo, prima che sia troppo tardi.
Molto si può fare, a cominciare da ciò che porti in tavola tutti i giorni.
Perché è bene che agisci subito?
Perché è fondamentale cogliere i segnali di perdita della memoria dieci, venti, persino trent’anni prima, molto prima che inizi a dimenticare con maggiore frequenza dove hai parcheggiato l’auto o dove hai riposto le chiavi di casa.
Cosa c’entra l’Alzheimer con il diabete?
Alzheimer, pre-diabete e diabete, sono le piaghe di questo secolo, condizioni, lo vedremo, strettamente interconnesse.
Cos’è l’Alzheimer
L’Alzheimer rappresenta il 70% dei casi di demenza ed altro non è che la morte graduale delle cellule cerebrali, con la conseguente diminuzione del volume del cervello e la contemporanea formazione di proteine beta-amiloidi e ammassi neurofibrillari.
Diversi stadi di demenza prima dell’Alzheimer
Il primo segno di perdita della memoria è una diminuzione graduale, ma costante della lucidità mentale, della capacità di memorizzare informazioni.
In parte è dovuto al normale processo d’invecchiamento. In questo caso la funzione cerebrale da normale passa a lenta.
Facciamo fatica a ricordare i nomi, non abbiamo chiaro qual è il nostro compito dopo una riunione di lavoro, perdiamo spesso le cose, siamo distratti.
Questo continuo dimenticarsi è definito Disturbo Soggettivo della Memoria (SMC).
Se questo stato peggiora, dopo circa una decina di anni, si arriva alla diagnosi del Decadimento Lieve Cognitivo (MCI).
Non siamo ancora disabili, siamo autonomi, ma lottiamo per ricordare ed elaborare le informazioni: quello della memoria inizia ad essere percepito come un vero problema.
Dopo questa diagnosi, nell’arco di cinque/otto anni, si arriva alla disabilità e alla demenza che nel 15/20 per cento dei casi si tramuta in Alzheimer.
Questo triste iter, come abbiamo visto, non compare all’improvviso, ma impiega circa 20 anni e prima interveniamo, prima possiamo invertire la rotta, più procrastiniamo più sarà arduo bloccare il declino.
La bella notizia è infatti che tutto questo si può scongiurare se capiamo dove tutto ha origine e se di conseguenza adottiamo dei semplici cambiamenti nello stile di vita.
Dov’è l’origine di tutto?
Una dieta ed uno stile di vita squilibrato, portano un aumento delle placche ateromatose nelle arterie, causa principale di infarti ed ictus.
Se questo è ormai un dato assodato e conosciuto anche ai non addetti ai lavori, non si dice mai abbastanza su come le placche influiscano sulla salute del cervello.
Studi hanno scoperto come l’aumento delle placche ateromatose, sia uno degli indicatori che hanno maggior peso su una futura perdita di memoria.
Ciò che hanno in comune, il filo rosso che unisce l’aumento delle placche e la perdita delle nostre facoltà mentali, è il livello di glicemia nel sangue fuori controllo.
Negli Stati Uniti, a causa della dieta americana standard (SAD), caratterizzata da un eccesso di zuccheri e di grassi di pessima qualità, ben un terzo della popolazione, ha una insulino-resistenza non ancora diagnosticata.
Ciò li predispone ad un elevato rischio di grave perdita della memoria ed il 60% di possibilità in più di contrarre l’Alzheimer rispetto a chi ha un equilibrato livello di zuccheri nel sangue.
Come l’insulina è responsabile del declino cognitivo
La corretta funzionalità del cervello è strettamente legata ad una equilibrata attività dell’insulina, l’ormone che regola la quantità di zuccheri nel sangue.
A causa di un’alimentazione concentrata su un eccesso di zuccheri e carboidrati, la sua attività va fuori fase e non è più in grado di regolare in modo efficace, il delicato meccanismo della distribuzione degli zuccheri nelle cellule.
Vediamo come.
Quando assumi qualsiasi tipo di carboidrato, il corpo lo converte in una forma di zucchero più semplice, il glucosio.
Questo dall’intestino, passa nel flusso sanguigno e quindi nelle cellule, neuroni compresi, grazie all’intervento regolatore dell’insulina.
Tra i suoi compiti vi è infatti quello di spingere il glucosio nelle cellule affinché lo possano usare come fonte di energia.
Fin qui tutto normale, ma se sfortunatamente assumi più zuccheri e più calorie di quelle che spendi e fai una vita sedentaria (in pochi ormai passano le giornate a lavorare nei campi e a spaccare la legna) le tue cellule non spendono mai del tutto il glucosio accumulato.
Con il tempo diventano insensibili al messaggio dell’insulina, chiudono i loro recettori e si diventa insulino-resistenti.
Una condizione che riguarda tutte le cellule, anche quelle cerebrali.
L’insulino-resistenza danneggia il cervello
Una volta divenute insulino-resistenti, le cellule perdono la capacità sia di assorbire il glucosio dal sangue sia di attingere alle proprie scorte per produrre l’energia necessaria.
Mancando la giusta energia, le cellule nervose del cervello iniziano ad andare in sofferenza, a dar origine a delle disfunzioni che causano un declino cognitivo.
Il paradosso
Può sembrare un paradosso, ma più zuccheri introduci, più il cervello ne risulta carente.
Le cellule cerebrali non ne ricevono a sufficienza perché l’insulino-resistenza, lo impedisce.
I mitocondri, organelli posti all’interno di ogni cellula, addetti alla produzione di energia, non funzionano più a dovere.
Iniziano a produrre un numero anomalo di radicali liberi e di sostanze infiammatorie creando all’interno della cellula energia sporca, ovvero, stress ossidativo.
Se non corri ai ripari, nel tempo i nervi s’infiammano, le cellule cerebrali man mano si rimpiccioliscono e muoiono, il volume del cervello diminuisce, le performance cognitive calano e progressivamente si imbocca la via della demenza.
Insulino-resistenza e Alzheimer
Quando le cellule mantengono intatta la loro sensibilità all’insulina, i livelli a digiuno, sono di solito meno di 5 micro unità per millilitro.
In presenza di insulino-resistenza, i livelli a digiuno schizzano a 10 e a volte anche a 20 micro unità per millilitro.
Uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease nel 2016, da Melissa Schilling, docente alla New York University, ha posto il dito su una relazione interessante.
La Schilling, ha notato che l’enzima insulisina, che ha il compito di distruggere l’insulina in eccesso, è responsabile anche della disgregazione delle proteine beta-amiloidi, che si trovano in elevate concentrazioni nel fluido spinale e nei depositi cerebrali dei malati di Alzheimer.
Nel suo studio ipotizza che in caso di insulino-resistenza e quindi di elevati livelli di insulina nel sangue, l’enzima insulisina non riesce a prevenire l’accumulo di beta-amiloidi perché impegnato costantemente a smaltire l’insulina in eccesso.
Insulino-resistenza, diabete e demenza
Diversi altri studi dimostrano invece la stretta connessione tra insulino-resistenza, prediabete, diabete e demenza.
Tra questi, prove schiaccianti li mostra il Maastricht Aging Study che ha monitorato le funzioni cognitive di circa tredicimila persone dai 40 anni in su per dodici anni.
Confrontando i dati raccolti all’inizio, dopo sei anni e al dodicesimo anno, è emerso che, rispetto ai non diabetici:
Le persone con diabete di tipo 2 avevano un declino del 300% nella velocità di elaborazione delle informazioni
Le persone diabetiche che avevano bisogno di iniettarsi insulina avevano un declino addirittura del 400%.
Altri fattori di rischio
Oltre l’insulino-resistenza, possono accelerare il processo della perdita della memoria:
- malattie cardiovascolari
- vita sedentaria
- carenze nutrizionali (mancanza di vitamina D, B12, grassi Omega-3)
- alto livello d’infiammazione
- sostanze tossiche (fumo, alcool, droghe, metalli pesanti, conservanti chimici)
- squilibrio ormonale
- depressione
- stress mal gestito
- genetica
Stile di vita e demenza
Una dieta povera di fibre e di grassi sani, ricca di carboidrati raffinati e grassi cattivi, impatta in modo negativo sulle performance del tuo cervello.
I tempi di reazione sono più lenti, inizi a dimenticare i nomi delle persone, perdi spesso le chiavi, il cellulare, hai di frequente la sensazione di avere la mente annebbiata, la “brain fog”, la definiscono gli addetti ai lavori.
Non solo l’alimentazione, ma anche uno stile di vita dai ritmi accelerati, la mancanza di sonno e lo stress incidono non poco sulla salute del tuo cervello.
Il cortisolo, l’ormone dello stress, richiede e sollecita nel sangue, alti quantitativi di glucosio, zuccheri da trasformare in energia per affrontare la situazione di allarme.
Di conseguenza obbliga l’insulina a compiere un costante superlavoro con tutti i disastrosi effetti che abbiamo solo brevemente esaminato in questo articolo.
Conclusione
Secondo il Dottor Steven Masley, autore del libro “La dieta del cervello longevo”, la connessione tra un inadeguato controllo della glicemia e la demenza, è ormai incontrovertibile.
Abbiamo infatti visto come l’insulino-resistenza danneggi il cervello fino alla diagnosi di Alzheimer, attraverso:
- lo stretto legame tra alti livelli di glicemia, diabete e demenza
- vari stadi del Disturbo Soggettivo della Memoria (SMC) e del Decadimento Lieve Cognitivo (MCI)
Per fermare quest’epidemia dobbiamo impedire che si sviluppi la resistenza all’insulina mantenendo nel nostro organismo livelli normali di zucchero e di conseguenza di insulina nel sangue.
La bella notizia è che si possono prevenire il 60% delle forme di demenza e puoi farlo fin da oggi, con semplici cambiamenti dello stile di vita, scegliendo ogni giorno alimenti con basso indice glicemico, gli stessi che proponiamo nel SAUTÓN Approach.
Prodotti per la salute del cervello citati nell’articolo e disponibili nel nostro shop:
Fonte:
Dr. Steven Masley “La dieta del cervello longevo” Corbaccio Edizioni
Rosaria 6 Ottobre 2018
Complimenti articolo interessantissimo.
Grazie
Franca Branda 6 Ottobre 2018
Ciao Rosaria,
benvenuta sul blog.
Siamo molto felici del tuo apprezzamento.
Un cordiale saluto.
Daniela 6 Ottobre 2018
Ho le dita dei piedi che non le sento normale ho la glicemia 110 può essere il diabete?che la glicata è giusta??
Maria Pia Festini 7 Ottobre 2018
Ciao Daniela,
la glicemia è leggermente alta, ma non so dirti se la causa del tuo distrurbo sia da attribuire al diabete. Ti consiglio di rivolgerti al tuo medico di ficucia e tenere sotto controllo la glicemia anche con una dieta a basso contenuto di zuccheri aggiunti. Un caro saluto
SILVIA LUCISANO 6 Ottobre 2018
MOLTO INTERESSANTE
Maria Pia Festini 7 Ottobre 2018
Ciao Silvia,
benvenuta anche a te sul blog! Grazie per il tuo feedback. Un caro saluto
Martina 7 Ottobre 2018
Interessantissimo. Proprio per incominciare di già a fare qualcosa senza più predita di tempo. Lo zucchero è veleno …. lo si diceva e adesso lo si conferma sempre più sovente.
Maria Pia Festini 7 Ottobre 2018
Ciao Martina,
benvenuta sul blog! sono felice che tu abbia trovato l’articolo interessante. Un caro saluto
Gianluigi 8 Ottobre 2018
Questa ricerca é chiara ed interessante da seguire, conoscere i dettagli e le informazioni elencato è importante x una qualità di vita se si ha la genetica buona per farci vivere a lungo da persone e non da autori o vegetali sul peso della società e un aumento dei costi della salute, è giusto vita sana e mente sana, prevenire è meglio di curare, siamo quello che pensiamo e quello che mangiamo
Maria Pia Festini 9 Ottobre 2018
Ciao Gianluigi,
grazie per il tuo feedback e di aver condiviso qui la tua riflessione. Un caro saluto
Geraldina Venosta 9 Marzo 2022
Io ho 76 anni e ho appena fatto dei test psiconeurologici che ho superato,ogni volta con fatica perche soffrondi un’ansia spaventosa da tantissimi anni se non da tutta la vita e prendo piû di cento gocce fra antiansia e antidepressivi.Vivo quindi sotto un forte stress ed è ovvio non solo che perda la memoria ma anche che mangi solo carboidrati a pranzo perchè mi calmano e sento che ne ho bisogno.La mia ansia viene dall’infanzia e nonostante una efficace terapia cognitivo comportamentale non passa perchè è esogena,quindi è causata da eventi esterni avversi e continui.Gli esami del sangue sono nella norma e io mangio ben pochi grassi ma a sentir voi sono destinata alla demenza.È cosî?Grazie
Maria Pia Festini 10 Marzo 2022
Ciao Geraldina,
prova ad aggiungere più grassi sani alla tua dieta, o integrare periodicamente con integratori di Omega 3, olio MCT, a ridurre carboidrati senza eliminarli del tutto e aumentare proteine fresche e verdure cotte in modo delicato. Puoi aggiungere il carboidrato solo alla fine del pasto in modo da consumarne di meno e non soffrirne la privazione. Un caro saluto