Il grano è il cereale più consumato del pianeta, più ancora dello zucchero, dei grassi, del sale.

È il pilastro dell’alimentazione attuale.

Non c’è cibo sulle nostre tavole oggi che non sia a base di grano: fette biscottate, pane, toast, salatini, pasta frolla, tartine, panini, piadine, pita, grissini, crackers, biscotti, per non parlare della pasta, spaghetti, pizza per cui siamo famosi e conosciuti nel mondo.

Non solo celiachia

Il grano rappresenta un problema non solo per chi soffre del morbo celiaco.

Studi, ricerche, libri, che negli Stati Uniti sono ormai dei best sellers, mettono bene in chiaro lo stretto legame tra il consumo di grano e cereali, con le più temibili malattie moderne.

Il grano ha la sua parte di responsabilità ovunque: obesità, diabete, invecchiamento precoce, infiammazione cronica, malattie autoimmuni, demenza senile, malattie neurodegenerative, autismo, dipendenza e tutte le malattie e i disturbi a carico dell’intestino.

Eppure questo cereale, ci nutre da migliaia di anni.

Com’è possibile che questa umile pianta sia improvvisamente diventata così dannosa?

Il grano è un prodotto da laboratorio

Il grano non ha più niente di naturale ed è il frutto di ricerche e modificazioni genetiche condotte nella seconda metà del ventesimo secolo che lo hanno trasformato sì nel cereale più diffuso al mondo, ma anche nell’alimento più dannoso per la nostra salute.

In questo articolo scopriremo come l’ibridazione, il glutine, l’insieme delle proteine, la presenza di fodmap, la contaminazione con il glifosato, il diverso processo di panificazione, abbiano reso il grano un alimento nemico della nostra salute.

Il grano figlio dell’ingegneria genetica

Il grano ha subito non una ma innumerevoli ibridazioni con lo scopo di renderlo:

  • più resistente alle condizioni atmosferiche
  • inattaccabile da funghi e parassiti
  • pratico da mietere
  • più produttivo

Dalle spighe selvatiche dei nostri antenati, a furia di ibridazioni e incroci, si è passati ad un grano “nano” che conta ben venticinquemila varietà e tutte ricavate dall’uomo.

L’inizio della storia

Per circa dieci millenni l’uomo si è nutrito del piccolo farro selvatico, progenitore di tutti i grani futuri il cui codice genetico contava solo quattordici cromosomi ed era molto diffuso in Europa.
Con l’aiuto di madre natura, si è evoluto poi nel farro medio detto anche emmer o farro dicocco (Triticum dicoccum), incrocio tra il piccolo farro e l’Aegilops speltoides, una pianta selvatica.

Dall’unione del patrimonio genetico di entrambi, il farro medio è così dotato di ventotto cromosomi.
Il grano infatti è una di quelle specie semplici con la caratteristica della “poliploidia”, cioè di sommare in sé i cromosomi della progenie.

Questa varietà di grano era molto diffuso in Oriente: in Mesopotamia ed Egitto e restò in auge fino agli esordi dell’Impero romano.

Ad un certo punto il farro medio si ibridò con un’altra pianta, il Triticum tauschii, dando origine al Triticum aestivum composto da quarantadue cromosomi che nel corso dei secoli ha soppiantato le altre due specie e si è diffuso in tutto il mondo.

Nella metà del 1.700, Carlo Linneo, il grande botanico, padre della classificazione delle specie, raggruppava sotto il genere Triticum, appena cinque diverse varietà di grano.
È lo stesso grano che ha nutrito i nostri nonni, dalle spighe dorate alte un metro e venti, quel grano rimasto identico fino alla seconda metà del secolo scorso.
Oggi, solo il sapore è rimasto lo stesso: la struttura interna, quella chimica, ne è stata intensamente alterata e se contano non più cinque, ma migliaia di varietà.

In cosa è diverso il grano di oggi da quello dei nostri nonni?

Le differenze sono enormi:

  • la pianta attuale del grano non è più in grado di sopravvivere allo stato selvatico, ma ha bisogno di essere nutrita con fertilizzanti azotati e pesticidi.
  • Oggi il chicco è nudo, attaccato direttamente allo stelo, per rendere più veloce la trebbiatura, mentre una volta vi rimaneva saldamente attaccato grazie ad una sorta di rivestimento.
  • L’altezza delle spighe è passata da un metro e venti, ai trenta, sessanta centimetri. Una riduzione resa necessaria e giustificata degli ingegneri genetisti, per garantire una maggiore produttività.

La corsa continua

La corsa all’aumento continuo della resa delle colture di grano, non si è fermata. Anche oggi si sta cercando di creare nei laboratori, nuove varietà di grano attraverso le tecniche dell’introgressione e del “retroincrocio”, dove piante nate da incroci, vengono nuovamente incrociate con le piante genitrici e altre varietà di grano o altre piante ancora.

C’è un luogo al mondo dove queste ibridazioni vengono attuate, è il CIMMYT, l’International Maize and Wheat Improvement Center, a Città del Messico.
È sorto nel 1943 con il nobile intento di ridurre la fame nel mondo aumentando la resa del mais, della soia e del grano.

Nel 1980 le ricerche avevano prodotto migliaia di nuove varietà di grano e quella con la resa maggiore, il grano nano, sviluppato dal genetista Norman Borlaug fu da quel momento adottata in tutto il mondo.
Ciò contribuì a ridurre la fame nel mondo, ma a che prezzo per la nostra salute?

Può sembrare incredibile, ma nessuno fece alcun test per verificare se le massicce ibridazioni avessero un impatto nocivo sulla nostra salute.

Ingenuamente prevalse la credenza che incrocio dopo incrocio, ciò che si generava era pur sempre grano.

Eppure del grano furono modificati gli enzimi, le proteine, e soprattutto la struttura molecolare del glutine.

Il grano al microscopio: la proteina del glutine

Il grano è composto da:

  • carboidrati complessi di cui il 75% è formato dall’amilopectina A che è tanto più digeribile, quanto più velocemente alza la glicemia nel sangue. So che può sembrare strano e scioccante, ma l’indice glicemico di una fetta di pane integrale è pari a 72 ed è superiore allo zucchero bianco da tavola, il cui indice glicemico è pari a 59.
  • Proteine, 80% delle quali è rappresentato dal glutine.
  • Il glutine è una proteina composta da molecole di glutenina e gliadina, che in presenza di acqua formano un legame elastico e colloso. Il glutine si trova principalmente nel grano, nella segale e nell’orzo, e in misura minore in altri cereali.
  • La percentuale di proteine ​​del glutine nel grano è aumentata enormemente a seguito dell’ibridazione.

Secondo alcuni esperti però, tra cui il dott. Alessio Fasano, direttore del Centro per la ricerca sulla celiachia in Massachusetts, l’umanità non si è evoluta per mangiare il glutine e quindi non può digerirlo correttamente.

Le ricerche ci dicono che l’intestino umano vede il glutine come un invasore straniero contro il quale deve innescare una risposta immunitaria, ed il dottor Fasano crede che questo sia vero per tutti, non solo per chi soffre di celiachia.

Anche se la maggior parte delle persone, è in grado di gestire il glutine senza conseguenze, altri non sono così fortunati e le persone con disturbi autoimmuni sono particolarmente a rischio.

Il “super glutine” e il genoma D

Le ibridazioni degli ultimi cinquant’anni avevano come scopo, oltre una maggiore resa delle colture, anche quello di ottenere un super glutine al fine di dotare la farina del grano di una maggiore plasticità e versatilità.

I genetisti agrari hanno così apportato numerosi cambiamenti ai geni che codificano il glutine intervenendo e manipolando principalmente il genoma D. Non è un caso se i suoi geni siano solitamente indicati come responsabili della celiachia.

Come se non bastasse, non è raro che i produttori di pane aggiungano ulteriore glutine per creare una consistenza più spugnosa.

Geni come mattoncini Lego

Il grano odierno è dunque figlio delle ibridazioni e di un’ingegneria genetica sempre più all’avanguardia.

Oggi non è più necessario accoppiare varietà di grano, ma è sufficiente inserire o togliere singoli geni, come i pezzi della Lego, e costruire varietà di grano compatibili con determinati pesticidi e fertilizzanti.

Non è tutta colpa del glutine

Oltre al glutine e all’ibridazione del grano, ci sono altri fattori che contribuiscono a rendere il grano un alimento potenzialmente dannoso per la nostra salute.

  • la contaminazione con glifosato
  • la presenza di FODMAP
  • il processo di panificazione

Il glifosato e l’impennata della malattia celiaca

Mentre la questione se il glutine dovrebbe essere evitato da tutti è discutibile, è abbastanza chiaro che il grano di oggi mette più a rischio la nostra salute.

Ricercatori ritengono che l’aumento di casi di celiachia (quadruplicati dagli anni 50), sia legato all’uso del glifosato, uno degli erbicidi più usati al mondo. È stato dimostrato che danneggia gravemente la flora intestinale e causa malattie croniche.

Sembra che irrorare il grano non biologico con glifosato appena prima della raccolta sia diventato popolare circa quindici anni fa. I produttori hanno scoperto che quando il grano maturo viene esposto a questa sostanza chimica tossica, rilascia più chicchi. Ciò si traduce in una resa leggermente più grande.

Il glifosato non solo danneggia seriamente i villi intestinali, ma inibisce anche il processo che normalmente aiuta il corpo a digerire le proteine ​​del grano.

La gliadina presente nel glutine è infatti difficile da trasformare e digerire.  Il glifosato sembra attaccarsi alla gliadina rendendo di fatto il grano ancora più indigesto e con una maggiore probabilità che causi una reazione immunitaria e disbiosi.

I FODMAP, zuccheri indigesti

I ricercatori stanno anche esaminando altri ingredienti nel grano e hanno scoperto che ci sono un certo numero di altre proteine ​​e composti che possono causare sensibilità.
Questi includono proteine ​​come albumine, globuline e inibitori della tripsina amilasi, e i fruttani, un tipo di oligo-monosaccaridi fermentabili chiamati FODMAP.

I FODMAP che comprendono anche fruttosio e lattosio, sono zuccheri che sono scarsamente assorbiti dell’intestino tenue e non completamente digeribili soprattutto per coloro che mostrano una certa sensibilità. Nei soggetti con la sindrome dell’intestino irritabile, i FODMAP possono causare gravi disturbi.

Che fine ha fatto la lievitazione naturale?

Anche la panificazione, il metodo di cottura del pane, ha subito notevoli cambiamenti.

In passato, l’impasto ottenuto dalla farina mescolata con acqua e lievito, veniva lasciato lievitare durante la notte.

Questo processo consentiva agli enzimi presenti nel lievito di abbattere il glutine. Il nostro organismo non ha questi enzimi e non può replicare questo processo di rottura.

Oggi i produttori di pane non lasciano più lievitare l’impasto fino a diciotto ore.

L’aggiunta di varie sostanze chimiche ha ridotto il processo a circa due ore, un tempo non abbastanza lungo affinché il glutine possa essere scomposto.

Ne consegue che la maggior parte del pane di oggi contiene glutine molto più indigesto.

In conclusione

Il grano e tutti i suoi prodotti derivati che affollano le nostre tavole quotidianamente, hanno degli effetti molto intossicanti sul nostro organismo sia che siamo celiaci sia che non lo siamo.

Un’amara verità che non possiamo più far finta di ignorare, ma che deve spronarci ad avere il coraggio di cambiare le nostre abitudini e a provare su noi stessi, almeno per qualche settimana, com’è vivere senza grano. Ne saremo veramente sorpresi.

Approfondimenti:

Abbiamo parlato di glutine e salute qui:

Fonti:

  • Dr. William Davis “La dieta zero grano” ed. Mondadori
  • Drmercola.com