Poco meno di due anni fa ho lanciato a me stessa una sfida e ho deciso di provare ad eliminare grano, cereali e zuccheri dalla mia vita e spesso, quando mi capita di parlare delle mie scelte alimentari, mi sento rivolgere domande come queste: “Ma se togli grano e cereali cosa mangi?” oppure “Di cosa ti nutri se non mangi pane e pasta (eccetera)?” o anche (e questa in un certo senso è la domanda più scioccante di tutte), “Se non mangi questi alimenti cosa ti rimane?

Ogni volta che mi succede di sentirmi rivolgere questo tipo di domande ho in genere un momento in cui, in rapida successione, passo dalla sorpresa al chiedermi se la persona che ho di fronte parla sul serio o mi sta prendendo in giro perché dico…ma davvero hai scordato tutto il resto?

Se non mangi questi alimenti cosa ti resta?

Questa è la domanda che trovo più scioccante di tutte perché rende in pieno l’idea di come, da un certo momento storico in poi, ci siamo riprogrammati per diventare consumatori seriali di grano e cereali e abbiamo relegato in un angolino tutto il resto.

Basta guardare i carrelli della spesa al supermercato, in effetti ho sviluppato una sorta di voyeurismo che trova il massimo della sua espressione nell’attesa in coda alla cassa: guardo i carrelli dei miei vicini e faccio un inventario e una valutazione dei loro acquisti.

Mi spiace dire che la maggior parte delle volte la votazione non arriva nemmeno alla sufficienza.

Se mi mettessero in mano uno di quei matitoni mezzi rossi e mezzi blu che le insegnanti usavano una volta per dare i voti ai compiti dei loro allievi, dopo poco ci sarebbero segnacci rossi sparsi per tutto il supermercato e probabilmente verrei cacciata via con l’intimazione di non farmi rivedere mai più.

In genere carrelli e cestini sono stipati di pasta (in tutte le sue forme), pane (o in alternativa crackers, giusto per stare più leggeri), biscotti e dolcetti vari, grissini, pan carrè, piadine già cotte o pronte da mettere in forno, pizze surgelate, fette biscottate, merendine varie (che così i bambini crescono forti e sani), scatole di cereali da colazione (spesso anche più di un tipo così ci si illude di variare la dieta), taralli e friselle e magari, giusto per non farci mancare nulla, anche i panini dolci per gli hot dog e la focaccia appena sfornata presa al banco della gastronomia (che di solito è un prodotto precotto e surgelato che viene di finito di cuocere prima della vendita al banco).

In altre parole l’apoteosi della farina di grano e frumento: centinaia di prodotti che sembrano tutti diversi ma in realtà sono solo altrettanti modi di presentare (e mangiare) sempre la stessa cosa ogni giorno, tutti i giorni e più volte al giorno.

Nei casi peggiori insieme a tutto questo si trovano in accompagnamento confezioni di zucchero, bibite gassate e dolcificate di vario genere e una pletora di cibi già pronti e confezionati che non aspettano altro che di fare quattro salti in padella o il pit stop nel microonde.

Nei casi migliori (si fa per dire) spuntano qua e là un po’ di verdure fresche quando va bene ma spesso e volentieri surgelate in buste e bustoni oppure sotto forma di insalate confezionate pronte da gustare, tanta frutta (guarda caso il trend di solito è quello di dare la preferenza alla dolce frutta piuttosto che alle verdure), un poco di carne in genere però sotto forma di insaccati e salumi di vario tipo, delle uova, il latte (immancabile) e i suoi derivati, pesci vari in scatola o surgelati.

Insomma un quadro piuttosto sconfortante.

Prima di iscrivermi al SAUTÓN Approach la mia era una spesa a metà strada tra i casi migliori descritti sopra e i giorni bui in cui davo il peggio di me.

Non ero ancora arrivata a vivere di surgelati e prodotti confezionati ma trovavo sempre più difficile trovare una motivazione valida per preoccuparmi seriamente di quello che mettevo nel piatto.

A peggiorare la situazione era il fatto che il mio vero problema non era tanto quello che mangiavo ai pasti principali quanto quello che, per compensazione di una dieta povera di nutrienti veri, finivo per ingurgitare al di fuori dei pasti: manco a dirlo carboidrati, carboidrati e ancora carboidrati in tutte le forme possibili e immaginabili.

Ero una carboidrato-dipendente cronica, una drogata che aveva ormai perso la speranza di poter un giorno o l’altro uscire dal tunnel.

Come tutto è cominciato

Per capire come sono arrivata alla situazione che, senza alcuna esagerazione, ti ho appena descritto devo parlarti un poco di me.

Sono nata a Milano da genitori di origine meridionale e mia madre, da casalinga dedita alla cucina e alla famiglia, non ha mai fatto mancare sulla nostra tavola la pasta fatta a mano, il pane fatto in casa, la pizza e i dolci casalinghi usciti con amore dalle sue sante mani.

Da bambina la mia colazione prima della scuola (come decretato dai miei genitori) era latte caldo con il pane fatto a pezzi che nel giro di pochi minuti si trasformava in una poltiglia abbastanza disgustosa ma era idea comune che i cereali della colazione o i biscotti non fossero un’alternativa sana (sana certamente no ma almeno avevano un sapore migliore). Con una colazione del genere non c’era da stupirsi se nel giro di breve tempo a scuola mi ritrovavo di nuovo affamata, con la mente avvolta nella nebbia e stanchissima (non vi dico la tragedia quando arrivava l’ora di ginnastica…).

Ricordo che, colazione a parte, almeno fino ad un certo punto della mia vita in casa si consumavano anche carne, pesce e uova in maniera abbastanza regolare.

Data l’insana passione materna per i formaggi e tutto ciò che proviene dal latte questa categoria di alimenti era sempre in eccesso ma se non altro c’era anche tutto il resto.

Frutta e verdura sono sempre state presenti a volontà; in sessant’anni di vita a Milano credo che mia madre non abbia mai saltato la spesa settimanale all’Ortomercato (fatte salve le festività e i cataclismi di origine naturale e non) che si risolve puntualmente nel salotto di casa dei miei convertito in un negozio di ortofrutta.

Ad un certo punto, credo intorno ai miei dieci anni, è iniziata la deriva: tra uova che alzano il colesterolo, grassi che ingrassano e intasano le arterie, mucche pazze e polli in acido, pesci al mercurio, mozzarelle blu, vini al metanolo e chi più ne ha più ne metta la nostra alimentazione quotidiana si è convertita ad un 80% almeno di carboidrati in tutte le forme (legumi compresi) e un misero 20% per tutto il resto.

Quali sono state le conseguenze

Ripensandoci ora, dopo quasi quattro anni dall’iscrizione all’Online Program e quasi tre anni a studiare nutrizione sotto la guida di Francesca, con le conoscenze che ho adesso non mi stupisco della rotta presa dalla mia vita e dalla mia salute a partire dalla prima adolescenza in poi.

Con un’alimentazione cronicamente carente di nutrienti veri ed essenziali e una dipendenza da carboidrati alimentata dalla dieta adottata in casa, ho finito per ripiegare sull’unica cosa che mi dava una parvenza di energia e un’illusione di benessere seppure di breve durata: i dolci.

Ecco quindi che non appena potevo mangiavo dolci in tutte le forme: caramelle, merendine di tutti i tipi, biscotti, cioccolata, pasticcini e gelati.

Non disdegnavo però nemmeno il salato quindi anche focacce e focaccine, pizzette, patatine e snack di vario tipo (che alla fine sempre carboidrati sono).

Tutto acquistato e consumato per lo più di nascosto; nei periodi peggiori questo succedeva anche tutti i giorni e più volte al giorno.

A tutto questo si aggiunge anche un altissimo consumo di frutta che in quelle quantità bene non mi faceva di sicuro: tanto per fare un esempio per me era “normale” arrivare a mangiare 15-20 mandarini al giorno e magari anche qualche arancia in inverno o divorare, sempre nell’arco di una giornata, 5 pesche e mezzo chilo di ciliegie in estate.

Considerando che ho passato più di trent’anni della mia vita a fare il pieno di zuccheri, glutine e grassi trans talvolta mi chiedo come faccio ad essere ancora viva.

Sovrappeso costante, sbalzi umorali estremamente repentini, attacchi di rabbia, stanchezza e affaticamento cronici (per i quali sono stata etichettata come “pigra e svogliata” fin da bambina cosa che certamente non ha contribuito ad alzare il mio livello di autostima), ansia, tristezza, depressione, annebbiamento mentale, disturbi del sonno, carie ai denti poi sfociata in gengivite prima e parodontite poi, deficit di attenzione, incostanza e instabilità sono solo alcuni dei problemi che mi sono portata dietro dall’adolescenza fino al giorno in cui ho preso la benedetta decisione di seguire il SAUTÓN Approach.

Una decisione che mi ha salvato letteralmente la vita.

I numerosi tentativi fatti nel corso degli anni di uscire da una situazione, che mi causava un’enorme sofferenza sia fisica che mentale, sono sempre finiti nel nulla di fatto e non poteva essere altrimenti dato che eliminare il surplus di carboidrati senza fornire al corpo i grassi e le proteine di cui aveva un disperato bisogno mi faceva inevitabilmente ricadere nella spirale della dipendenza.

Come se non bastasse tutti questi tentativi miseramente falliti in un modo o nell’altro venivano sempre attribuiti, da me o da altri, ad una mancanza di forza di volontà e qui partivano il senso di colpa e l’autoflagellazione che ovviamente esasperavano ancora di più la situazione.

Una nuova consapevolezza

Ho detto e lo ripeto: decidere di iscrivermi al SAUTÓN Approach mi ha letteralmente salvato la vita.

L’unico mio rimpianto è di non esserci arrivata prima ma se è vero ciò che dicono che “i maestri arrivano quando siamo pronti ad imparare” allora evidentemente il mio momento è arrivato quel giorno di Febbraio del 2014 quando, pur dubbiosa e titubante, sono entrata nel programma.

Perché mi ha salvato la vita?

Perché mi ha regalato una nuova consapevolezza, mi ha spiegato cosa non funzionava, mi ha aiutato a capire quali erano gli errori alimentari che, seppure in buona fede, erano stati adottati in casa mia e avevano contribuito a farmi ammalare, mi ha sostenuta e incoraggiata nel percorso di guarigione.

Eliminare grano, cereali e zuccheri dalla mia alimentazione è stato un passo importante che ho deciso di fare fondamentalmente per due motivi:

  • ho voluto lanciare una sfida a me stessa, mettermi alla prova e vedere dove sarei riuscita ad arrivare. Una conseguenza naturale, almeno per me, del processo di trasformazione iniziato quando mi sono iscritta al programma.
  • Visto il mio passato di carboidrato dipendente cronica e l’abuso estremo fatto per tanti anni di grano e derivati, cereali, zuccheri, ecc. ho deciso che era arrivato il momento di fare un cambiamento profondo e lavorare sul distacco definitivo da queste sostanze.

Una terza motivazione, magari meno importante delle prime due ma che comunque ha avuto un certo peso, è stata quella di sfidare la credenza comune che senza questi alimenti non si possa vivere.

Sempre più spesso mi succedeva di domandarmi se fosse davvero così: abbiamo davvero bisogno di pasta, pane o riso per vivere? Le cose stanno davvero come dicevano i miei genitori che fin da bambina mi hanno martellata con l’idea che “se non mangi il pane (o la pasta, ecc.) dove trovi l’energia?” oppure che “puoi fare a meno del companatico ma non del pane altrimenti di cosa vivi?

Fare o non fare. Non c’è provare (cit. Maestro Yoda)

Dopo tutti i libri letti su come dovrebbe essere la dieta per stare davvero in salute ho deciso quindi che era ora di passare ai fatti e di ribaltare la mia piramide alimentare personale: ho regalato i pacchetti di riso e cereali in chicchi e farine ancora presenti nella mia dispensa (pasta e pane erano spariti fin dalle prime settimane di iscrizione a SAUTÓN) e ho iniziato questo nuovo esperimento.

Per un certo periodo ho anche eliminato completamente la frutta (visto l’abuso che anche di questa avevo fatto per tanti anni).

A quasi due anni di distanza, come conferma anche il fatto che sto scrivendo questo articolo, non sono morta di denutrizione come paventavano genitori, amici e conoscenti (caparbiamente attaccati alla loro convinzione che la mia fosse una scelta a dir poco folle) e posso tranquillamente affermare che eliminare cereali, carboidrati raffinati e zuccheri dalla propria alimentazione è una strada possibile oltre che raccomandabile.

Certo una singola persona, ovvero io, non fa testo per il resto dell’umanità (né avrei questa presunzione) ma sono molti i miei colleghi Trainer e le persone iscritte al programma di trasformazione in 8 settimane che hanno sperimentato su sé stesse gli effetti di questa scelta e hanno deciso che indietro non potevano tornare.

Naturalmente non siamo tutti uguali e l’unico modo per sapere se qualcosa fa per noi è farla (come appunto insegna il Maestro Yoda) e quello che funziona per me potrebbe non funzionare per un’altra persona oppure potrebbe andare bene con qualche aggiustamento da farsi ad esempio a causa della diversa età, dei differenti stili di vita, di un diverso grado di stress al quale siamo sottoposti o semplicemente di una fase della vita che stiamo attraversando o della stagione nella quale ci troviamo.

Facciamo un breve ripasso

Su SAUTÓN Approach parliamo spesso degli effetti deleteri di carboidrati raffinati e zuccheri sull’organismo ma facciamo comunque un breve ripasso che ti può aiutare a mettere a fuoco le ragioni per cui potrebbe valere la pena, anche per te, di fare questa scelta (o almeno di provarci, con buona pace di Yoda).

  • Carboidrati raffinati e zuccheri stimolano notevolmente il picco glicemico e di conseguenza la produzione di insulina che deve intervenire per riportare alla normalità i livelli di zucchero nel sangue.
    Una volta che l’insulina ha fatto il suo lavoro abbiamo il calo glicemico che ci fa sentire stanchi e affamati quindi finiamo per cercare altri carboidrati e zuccheri in un circolo vizioso che crea dipendenza e diventa molto difficile spezzare.
  • La continua presenza di insulina nel sangue (pensa a quante volte al giorno si consumano carboidrati raffinati e zuccheri nelle più svariate forme) porta il corpo ad entrare in uno stato di infiammazione sistemica, che ha ripercussioni negative molto pesanti su tutto l’organismo, cervello compreso.
  • Se questa situazione si protrae nel tempo, l’organismo finisce per sviluppare insulinoresistenza, ovvero non risponde più agli stimoli dell’insulina.
    Inoltre arriva il momento in cui le cellule Beta del pancreas che producono l’insulina a causa del superlavoro vanno in sofferenza e poi muoiono. Quando questo accade esse sono perse per sempre in quanto sono cellule che non si rigenerano.
    A questo punto siamo nell’anticamera del diabete.
  • Il continuo stato infiammatorio provoca anche l’insorgere della leptinoresistenza.
    La leptina è il cosiddetto “ormone della sazietà” che segnala al nostro organismo quando è il momento di smettere di assumere cibo in quanto abbiamo assunto nutrienti a sufficienza.
    Nel momento in cui diventiamo insensibili all’effetto di questo ormone perdiamo la capacità di controllare la quantità di cibo che mangiamo in quanto non ci sentiamo mai sazi e ci ritroviamo costantemente in preda alla fame.
  • Carboidrati raffinati e zuccheri sono cibi che forniscono una grande quantità di energia in tempi molto brevi (ecco perché sono il cibo preferito da molti sportivi).
    Se questa energia non viene consumata (cosa che difficilmente accade se si conduce, come molti, una vita prevalentemente sedentaria) ecco che arrivano sovrappeso prima e obesità poi.
  • Una caratteristica peculiare del consumo di carboidrati raffinati e zuccheri è che promuovono la formazione di grasso addominale o grasso viscerale.
    Si tratta di una forma di grasso corporeo estremamente subdola e dannosa, molto più del grasso localizzato in altre aree del corpo, in quanto circonda e comprime gli organi vitali danneggiandoli nel tempo.
    Inoltre questo grasso si comporta come una ghiandola e produce ormoni e altre sostanze che interferiscono con il normale equilibrio ormonale dell’organismo.
    Numerosi studi hanno anche dimostrato che esiste una correlazione tra le dimensioni della cosiddetta “pancia da grano” e la massa cerebrale: in altre parole più è ampia la circonferenza della pancia e più il cervello, letteralmente, si rimpicciolisce.
  • Altre patologie che possono essere correlate ad un alto consumo di carboidrati raffinati e zuccheri, oltre ad obesità e diabete, sono ad esempio: steatosi epatica, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, problemi alla tiroide, patologie cardiache e coronariche, permeabilità intestinale e altre malattie dell’intestino.

Direi che anche fermandoci a questo punto della lista ci sono già svariati validi motivi per prendere seriamente in considerazione l’idea di fare questo cambiamento nell’alimentazione.

E’ importante sottolineare che quando si parla di eliminare carboidrati raffinati e zuccheri  questo non vuol dire che, così facendo, si elimina ogni forma di carboidrato (anche questa categoria di nutrienti ha la sua importanza per il nostro organismo): infatti i carboidrati esistono in diverse categorie di alimenti come la verdura, la frutta, i legumi, i semi oleosi, i latticini, ecc.

Si tratta di eliminare solo quella categoria più dannosa costituita da cibi fasulli, cibi spazzatura che non forniscono nutrienti reali ma solo calorie vuote e che procurano, come abbiamo visto, numerosi danni alla salute.

Se il nostro stile di vita e le esigenze di un particolare momento lo richiedono possiamo eventualmente mantenere nella dieta una presenza in piccole quantità di carboidrati da cereali in chicchi integrali privi di glutine da consumare come insegnamo nel programma SAUTÓN.

Una volta poi che ci saremo liberati dell’infiammazione e della dipendenza creata da questi cibi nulla ci impedisce di goderci, una volta ogni tanto, una pizza con gli amici, una lasagna fatta in casa dalla mamma o un pasticcino preso con un’amica all’ora del tè.

L’importante è farlo con consapevolezza e moderazione, senza inutili sensi di colpa e sapendo che si tratta di un momento, di un’occasione non di un modo (sbagliato e dannoso) di vivere.

Conclusioni

Se hai tra i 40 4 i 50 anni forse ricorderai una pubblicità che per un certo tempo imperversò in televisione quando eravamo bambini.

Era la pubblicità di una famosa marca che recitava “il cervello ha bisogno di zucchero”.

Da bambina ingenuamente credevo che fosse vero (e non solo i bambini lo credevano ma anche tanti, troppi adulti compresi i miei genitori).

Oggi da adulta, con la consapevolezza che possiedo mi chiedo quanti danni ha fatto e continua a fare quella pubblicità e tutte quelle che le sono simili.

L’unica difesa che abbiamo è informarci, pensare con la nostra testa e leggere sempre le etichette!

Se ti riconosci in quanto ti ho raccontato, se hai vissuto e magari stai ancora vivendo una storia simile alla mia, se senti che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel tuo rapporto con il cibo, se vedi che la tua salute non è quella che vorresti e non sai spiegartene la ragione prendi in considerazione l’idea di iscriverti all’Online Program come ho fatto io 4 anni fa.

Guarire spesso non è facile, farlo senza il giusto supporto può essere impossibile.

Non posso garantirti che, iscrivendoti al programma, troverai la soluzione a tutti i tuoi problemi (perché non sarebbe corretto da parte mia farlo anche se credo che comunque troveresti molte più cose belle di quelle che ti aspetti) ma certo posso dirti che troverai passione, competenza, sostegno e compassione (nel senso più profondo e positivo del termine).